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  • ORA di RELIGIONE nuovamente nella bufera

    L'ora di religione (non il film di Bellocchio....ma quelle vere, praticate nelle scuole italiane) rientra dirompentemente nella polemica. Anzi, non c'è mai uscita.

    A scatenarla la sentenza del TAR, di cui ieri tutti i giornali hanno riferito e che - seppur non volendo entrare nel merito della questione dell'inserimento della religione - sta scatenando l'euforia dei laicisti.

    Non dei laici, ai quali non fa nessun problema che ai loro figli (ricordiamo che per libera scelta, il 92 per cento delle famiglie italiane si avvale dell'insenamento della religione a scuola) venga dato un insegnamento culturale cattolico, all'interno di un sistema scolastico laico.

    Ma il problema, probabilmente non sta qui.

    La sentenza c'è stata, e la Chiesa italiana ha dichiarato di non volere fare ricorso. Però la sua voce ha deciso di iniziare a farla sentire. Lo ha fatto, ai microfoni di Radio Vaticana, Mons. Coletti, responsbaile per la Cei dell'educazione.

    "La laicità - ha spiegato il vescovo di Como ai microfoni della Radio Vaticana- è danneggiata da questa sentenza perché per laicità si intende la giusta neutralità di una comunità civile che però dovrebbe essere preoccupata di valorizzare tutte le identità, ciascuna secondo il proprio peso e rilevanza culturale, presenti su un dato territorio".

    Al contrario, "se per laicità si intende l'esclusione dall'orizzonte culturale formativo civile di ogni identita' si cade nel piu' bieco e negativo risvolto dell'illuminismo che prevede che la pace sociale sia garantita dalla cancellazione delle diversita' e delle identita', mentre io credo che uno Stato sanamente laico deve preoccuparsi di far emergere e rispettare e di mettere in rete caso mai e di far crescerete tutte le identita', soprattutto quelle di altro profilo culturale".

    La prospettiva a mio parere parziale che fa esultare i laicisti in questa situazone, è data dal fatto che non si comprende il valore "positivo" della libertà, come possibilità di scelta. Punto primo. I genitori scelgono di avvalersi dell'insegnamento della religione cattolica. Ed allora...che problema c'è se la conseguenza di questa scelta è che gli insegnanti di religione possano partecipare (doverosamente direi) agli scrutini, esprimendo giudizi su coloro che si avvalgono dell'insegnamento? E che problema c'è se i genitori ed i loro figli decidono, insieme ai crediti guadagnati con i vari corsi di ballo ed iniziative di volontariato sociale, di far valere anche quelli inerenti l'insegnamento della religione cattolica?

    Ai microfoni della Radio Vaticana, mons. Coletti ha rilevato in sostanza come la sentenza risulti particolarmente pretestuosa: "i crediti, il valore generale del giudizio sull'alunno, vengono dati in base alle scelte del singolo studente, il ministro Fioroni ha anche sottolineato che c'e' la possibilita' di avere crediti per corsi di danza caraibica. Figurarsi se il 92% delle famiglie italiane che sceglie di avvalersi della religione cattolica, se questo non debba rientrare nel computo della valutazione sull'alunno sarebbe davvero una cosa strana. Tanto piu' che si tratta di scelte responsabili". Più in generale mons. Coletti ha osservato: "Non si tratta di un insegnamento che va a sostenere scelte religiose individuali: ma di una componente importante di conoscenza della cultura di questo Paese, con buona pace degli irriducibili laicisti e purtroppo dobbiamo dire con buona pace anche dei nostri fratelli nella fede di altre confessioni cristiane".

    "Non e' colpa di nessuno - ha aggiunto l'esponente della Conferenza episcopale italiana - se la cultura di questo Paese e' stata segnata da secoli e in misura massiccia dalla presenza della religione cattolico. Quindi entrare in un dialogo fecondo con la cultura italiana significa anche, non dal punto di vista confessionale ma dal punto di vista culturale, entrare in dialogo con la religione cattolica. E questo e' il motivo dell'insegnamento". Il problema puo' essere invece un altro: "Eventualmente cio' che fa problema e' l'esenzione, cioe' la possibilita' di non avvalersi, che credo sia giusto per chi dovesse sentire qualche turbamento circa le proprie convinzioni religiose dover approfondire l'insegnamento della religione cattolica, ma il corso fatto in una scuola laica, in uno Stato laico, e' un corso culturale non un corso che costruisce scelte religiose".

    Se queste cose si capissero...forse ci sarebbero meno polemiche, e riusciremmo tutti a convivere in una società davvero laica, moderna, e non in una Italia ancora "armata" come ai tempi del Risorgimento.


    Condivido quanto detto da don Padrini e dal vescovo di Como sulla laicità.

    I problemi credo nascano dalla (a volte) mancata attuazione pratica del seguente punto:

    ma il corso fatto in una scuola laica, in uno Stato laico, e' un corso culturale non un corso che costruisce scelte religiose

    A volte cioè si fa catechismo vero e proprio, specie all'asilo e alle elementari. Credo sia difficile trovare il confine tra un corso culturale e uno che costruisce scelte religiose. E' comunque vero che i corsi di cui parlavo avvengono col beneplacito dei genitori.


    Direi di non meravigliarci... in pieno stile "cerchiobottista" è stato semplicemente offerto un "contentino" ai BENPENSANTI di sinistra....


    Per me questa sentenza - che trovo aberrante - al pari di altre è frutto di uno scontro esacerbato tra laicisti "à la zapaterò" e - passami il brutto neologismo - "cattolicisti" (che stanno ai cattolici come i "laicisti" stanno ai "laici"). io ci vedo anche una reazione "incattivita" al forte impulso impresso da papa benedetto xvi alla "veritas" alla "caritas" e al "logos" contro il nichilismo, contro la tentazione dell'uomo di sostituirsi a dio, contro la trasformazione delle proprie "esigenze" in presunti diritti. tralascio altri aspetti per brevità. ma anche da parte nostra, ci sono non di rado fenomeni ed atteggiamenti che non aiutano. spesso noi cristiani non diamo una buona testimonianza di gesù. e questo riguarda il singolo credente come le "gerarchie". vi è una convinzione diffusa che la chiesa goda di privilegi dovuti in parte al "concordato", in parte ad una presunta attività di lobbyng nei confronti della politica. la sentenza sui "prof" di religione che guadagnavano più degli altri "precari", non è che abbia giovato:forse si poteva caritatevolmente rinunciare a questo "bonus", no? c'è da fare una grande battaglia culturale, il cui cardine, però, non può che essere l'esempio, il nostro riflettere la gloria di dio sul mondo.

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