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BOOM delle applicazioni per IPHONE
Ancora una volta il web si ribella. Questa volta contro le strategie commerciali restrittive di Apple che approva molte meno applicazioni per l’iPhone di quante ne vengono sottoposte, e non sempre per motivi comprensibili alla comunità di utilizzatori e sviluppatori. E così il sito alternativo e non ufficiale Cydia, registra un notevole successo tra gli utenti mettendo in imbarazzo la casa madre.
APPSTORE – Per chi non fosse un maniaco dell’iPhone serve qualche nozione in più per capire la notizia. Apple, produttrice del più popolare e diffuso tra gli smartphone - l’iPhone – deve il proprio successo al fatto che sul telefono si possono caricare applicazioni sviluppate dai programmatori di tutto il mondo passando attraverso l’AppStore, dove si trovano software dalle funzionalità più disparate (l’ocarina, o la spada di guerre stellari solo per citarne due famose e improbabili). Per far entrare il proprio software nella vetrina dell’AppStore però si deve superare l’esame di approvazione da parte di Apple. Giusto e utile agli utenti se il filtro respingesse le applicazioni poco sicure o mal scritte, sospetto invece se i software vengono rifiutati per motivi più commerciali. Sul web però non è pensabile di tenere nascosto qualcosa e i programmatori bocciati hanno trovato ospitalità su un sito alternativo che propone gli scarti dell’AppStore. Scarti molto apprezzati a leggere i numeri che riporta Wiredsulla quantità di software scaricati e sul numero di visitatori unici che hanno scelto le applicazioni non ufficiali: quasi 4 milioni di utenti, uno su 10 nel mondo dei possessori dell’iPhone.
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GOOGLEVOICE – Il fenomeno dell’alternativa underground all’AppStore in realtà era nata prima ancora della versione ufficiale di Apple. Nel 2007, un anno prima che il colosso di Cupertino capisse quale mercato poteva gestire una volta messa in circolazione una piattaforma come l’iPhone. Gli hacker svilupparono nei giorni immediatamente successivi al lancio sul mercato del primo iPhone una applicazione che permetteva di sbloccare il sistema operativo dello smartphone in modo da renderlo ricettivo di nuovi programmi, operazione ritenuta illegale da Apple. Il programma jailbreak – che rompe le sbarre della prigione in cui Apple aveva confinato il proprio telefono – si chiamava Installer. L’AppStore venne inaugurato solo un anno più tardi, nell’estate del 2008. Ora la comunità di programmatori non ufficiali si è data una nuova forma e un nuovo nome, identico al programma che permette di sbloccare l’iPhone: Cydia, sviluppata da Jay Freeman, in arte Saurik. Che non ha il giro di affari dell’AppStore, ma con le 15 applicazioni a pagamento che si possono scaricare dalle sue pagine (le altre sono tutte gratuite) ha fatto entrare nelle tasche dei programmatori 220 mila dollari in cinque mesi (154 mila euro). Non male, con piccoli successi dei pirati contro gli aziendalismi come ad esempio iWipe, applicazione che consente di eliminare definitivamente i file dall’iPhone, che è stato scaricato 694 volte, meglio del suo omologo «regolare» iErase, solo su 91 telefoni. Ed è possibile grazie a Cydia aggirare anche l’esclusiva che in Usa lega lo smartphone alla rete di un solo operatore, At&t. Il boom dei contatti però è di questi giorni, da quando cioè è stato reso disponibile GoogleVoice, software che abilita via VoIP l’instant messaging gratuito sull’iPhone e la trascrizione delle mail vocali. GoogleVoice è stato rifiutato dall’AppStore, anche se i motivi restano tecnicamente incomprensibili, al punto che anche la Federal Communications Commission ha aperto un’inchiesta per capire cosa ci sia sotto il rifiuto ed Eric Schmidt – amministratore delegato di Google – ha abbandonato il consiglio di amministrazione della mela morsicata. Mentre l’authority Usa per le telecomunicazioni indaga, gli utenti accorrono sempre più numerosi su Cydia.
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